Quando si acquista una casa si firma prima il compromesso (contratto preliminare) e poi il rogito (contratto definitivo). Ma cosa succede se c’è difformità tra i due documenti? Quale contratto è prevalente? Lo ha spiegato la Cassazione con la sentenza n. 6223/2018.
La Cassazione ha stabilito che quando vi è diversità tra il contenuto del contratto preliminare e il contenuto del contratto definitivo vale quanto scritto nel contratto definitivo. Di conseguenza, quanto diversamente pattuito in quello preliminare non ha alcun valore. Tra compromesso e rogito prevale quest’ultimo, salvo la presenza di qualche clausola contrattuale che disponga sulla prevalenza di un testo sull’altro.
Secondo i giudici supremi, nonostante il contratto definitivo sia stipulato in adempimento di un contratto preliminare, esso non è una pura riproduzione meccanica del primo dal quale prende le mosse, ma è un autonomo accordo all’interno del quale venditore e compratore restano liberi di allineare le loro volontà in modo diverso da quanto programmato nel contratto preliminare.
Il contratto definitivo deve rispettare i requisiti comuni a tutti i contratti (legittimazione, possibilità e liceità dell’oggetto, causa e forma) dal momento che non è una semplice ripetizione del preliminare, ma un nuovo contratto che le parti stipulano adempiendo all’impegno assunto col preliminare.
Di norma il contenuto del contratto definitivo è conforme a quanto previsto nel preliminare, ma le parti possono prevedere una disciplina difforme o revocare i precedenti accordi, senza per forza stipulare un nuovo contratto preliminare.